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  • Immagine del redattoreLa cronista

Povere creature!

Siamo tutti “povere creature” ma, sembrano suggerire Lanthimos e Alasdair Gray (autore del romanzo dal quale è stato tratto il film), la creatura libera è meno “povera” delle altre. Sebbene siano vari i piani di lettura di “Poor Things”, il più immediato è probabilmente quello legato all’affermazione dell’identità personale tramite la libera scelta.


La protagonista del film nasce come un esperimento del chirurgo Dr. Godwin Baxter. Questi, ossessionato dalla comprensione scientifica del funzionamento dell’essere umano, recupera il cadavere di una donna suicida e – sostituendone il cervello con quello del feto che portava in grembo al momento della morte – lo rianima. Nasce così la creatura Bella Baxter - straordinaria interpretazione di Emma Stone, in termini di gestualità, vocalità ed espressività - una donna nuova che, nulla ricordando della sua precedente vita, desidera affacciarsi al mondo con il candore di una bambina.


Bella - quando ancora versa in uno stato psicofisico primordiale - sceglie di allontanarsi dal piccolo universo attribuitole ad hoc dal padre/creatore Godwin, in quanto eccessivamente limitato rispetto rispetto al suo desiderio di esplorazione della vita.


Abbandonando il giovane medico - Max McCandles -  al quale era stata promessa in sposa e fugge con l’avvocato-seduttore Duncan Wedderburn. Si limiterà, di tanto in tanto, a inviare qualche cartolina a casa. E’ in questa fase che la pellicola, dal bianco e nero, passa a vivacissimi colori ed è in questa fase che la musica - sottofondo in varie scene - da accumulo di note dissonanti si fa assimilabile ad una melodia (interessantissima la colonna sonora di Jerskin Fendrix). Scelte artistiche che rispecchiano non solo la progressiva presa di consapevolezza di Bella sulle cose della vita, ma anche la progressiva comprensione - da parte di Godwin e Max - che Bella non è più, soltanto, un interessante esperimento da monitorare.


Bella e’ infatti una creatura complessa. Da un lato, sviluppa complessità umane in termini di desideri, dall’altro conserva - nelle azioni concrete - una sorta di logico consequenzialità da automa. Circostanza quest’ultima che - in più occasioni - la preserva dallo compiere scelte autolesioniste, “deviate” da interferenze tipicamente umane, come le paure, le illusioni e le pressioni sociali. Da ultimo - non certo per importanza, come si suol dire - Bella e’ tutto questo e lo è da donna.


Il viaggio con Wedderburn a Lisbona, Alessandria e Parigi - città trasfigurate da Lanthimos in manifestazioni oniriche, dove i palazzi, i suoni e le genti nient’altro sono che simboli del viaggio interiore della protagonista - permetterà a Bella di provare ad attuare il suo proposito: non solo esplorare il mondo, ma renderlo migliore. Il primo passo, in questo senso, sara’ smascherare determinate autonarrazioni “adulte” delle quali si sono ubriacati alcuni dei personaggi. E’ così che il fieramente libertino avvocato Wedderbur si rivela - di fronte a Bella - penosamente schiavo proprio di ciò che egli esibisce come fondamento della propria libertà: un edonismo di scarsa qualità. E’ così che il cinico Harry, il cui deliberato obiettivo e’ ferire Bella con la propria visione nichilista del mondo, si rivela essere solo una persona debole e sofferente.


Non è solo questo il punto, però, non stiamo parlando di una creatura naive, che vede solo il buono delle cose.


“Per essere degni di questo  mondo, dobbiamo attraversarne il bello, ma anche le cose brutte” e’ la sibillina frase pronunciata dalla grottesca maîtresse incontrata dalla protagonista a Parigi. Aderendo a questa prospettiva, Bella accetterà di addentrarsi nei cunicoli più oscuri della vita, senza però abbandonare (questione che meriterebbe un capito a parte) la sua personalissima propensione alla ricerca del piacere, indipendentemente dai dictat imposti dalle figure maschili che sembrano dominare il suo mondo.


No spoiler sul finale. Il mondo può essere migliorato? Cosa significa, nei fatti, condurre un’esistenza libera? Cosa vuole dire “essere una donna”?


Non è sufficiente un’intera esistenza umana per approdare ad una conclusione, figuriamoci un film. Eppure, la delicatezza con la quale Lanthimos sfiora le risposte - facendoci elegantemente danzare tra commozione e risate - merita tutta la nostra attenzione.



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