Trentacinque
- La cronista
- 26 giu 2024
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Trentacinque anni. L’età in cui Dante si perse nella selva oscura, attraverso’ l’inferno, scalo’ il purgatorio e - dopo una quieta perlustrazione del Paradiso - uscì a riveder le stelle. Volendo, di tempo per fare cose ce ne sarebbe ancora; non è questo il punto. E’ ciò che è venuto prima.
La me bambina si immaginava qualcosa di diverso? Parzialmente, si’. La me adulta pensa che sarebbe potuta andare diversamente? Parzialmente, no.
Sarebbe bello materializzare quella bambina e raccontarle qualcosa.
Il caso sa essere ancora più protagonista delle nostre illusioni. E, se proprio vorrai aderire alla teoria secondo la quale esiste qualcosa di effettivamente controllabile, si tratta forse della possibilità di far emergere - dal caos - la nostra versione migliore.
Sforzarsi di conciliare l’anima, l’intangibilità più alta e più profonda, con l’amore per la vita avrà un costo; allo stesso tempo, questo tentativo perseverante sarà un pilastro (solidissimo, contrariamente a quel che potresti pensare) della tua identità.
A volte, lo percepirai. I momenti in cui lo slancio dell’anima e’ così intenso da riuscire a cingere la vita. E viceversa. Non c’è modo migliore per riassumere se non che - in quei casi - le cose appariranno, sostanzialmente, al loro posto. Per accorgertene, potresti dover chiudere gli occhi; anche quando sarà fortissima la tentazione di appoggiare la lente di ingrandimento su ogni singolo atomo della materialità. Oppure, al contrario, lo sguardo sulla vita potrebbe dover essere così vorace, audace - e, allo stesse tempo, leggero - da sapersi posare precisamente dove ci viene chiesto di non guardare.
In ogni caso, sappi che va bene così. Si è, costantemente, in cammino.
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