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Chi é Edward Bloom?

“We're storytellers, both of us. I speak mine out, you write yours down, same thing” – Edward Bloom


Nessuno meglio di Tim Burton – maestro nell’amalgamare, con ironia, la dimensione onirica e quella reale – avrebbe potuto trasporre sul piano cinematografico la trama di “Big Fish”, romanzo dell’autore statunitense Daniel Wallace.


La storia dell’omonimo film poggia sul complesso rapporto tra il giornalista William Bloom ed il suo imperscrutabile padre Edward. William accusa Ed di avergli raccontato una mole tale di bugie – a partire da quella secondo cui non sarebbe riuscito a presenziare alla nascita del figlio in quanto impegnato nella cattura di un millenario ed enorme pesce di fiume, indomabile secondo le leggende locali – da essersi di fatto reso un estraneo nei confronti del figlio (emblematica l’esclamazione di Will we're like strangers who knew each other very well). Soltanto di fronte al padre ormai vecchio e gravemente malato, il giornalista si sforzerà di comprendere le ragioni di Edward, aiutando anche lo spettatore – noi spettatori siamo inconsapevoli quanto Will, circostanza che rende alquanto divertente la tecnica narrativa del film – a ricostruirne l’identità.


Will sceglierà quindi di rievocare tutti i racconti paterni – fatti di sirene, gesta eroiche nella Guerra di Corea, villaggi segreti, giganti buoni, poeti criminali, gemelle siamesi, streghe, proprietari di circo, sterminate distese di narcisi a fini di corteggiamento – cercando di isolare gli elementi più verosimili da quelli frutto della prolifica fantasia di Ed (interpretato, nella sua versione giovane, da un espressivissimo Ewan McGregor). Ecco che il focus di Big Fish muove dall’apparente quesito cardine – ovvero “chi è stato, per davvero, il padre di Will?” – a quesiti collaterali, ma ben più profondi.


Cosa vuol dire conoscere una persona, significa forse avere una panoramica completa dei fatti della sua vita? Non solo: talvolta – ed è questo il fronte più sfidante per Will, personificazione della razionalità, ma forse anche per noi spettatori (well, you shouldn't have started with a question, because most people wanna answer questions, afferma Ed) – potrebbe essere necessario, nonostante i più intensi sforzi investigativi, accettare che l’altra persona resti per noi un mistero o pseudo tale.


In fondo, siamo tutti narratori di noi stessi.


Al solito, in modo poetico e commovente nonostante la leggerezza della trama, Tim Burton sembra proporci la sua risposta limpida: there are some fish that cannot be caught. It's not that they are faster or stronger than the other fish, they're just touched by somethin' extra.



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