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L’ultima cosa bella sulla faccia della terra

È sottile il modo in cui il breve romanzo di Michael Bible ci cattura, provocando domande che trainano dalla prima fino all’ultima pagina del libro.


L’evento cardine di L’ultima cosa bella sulla faccia della terra è uno: il giovane Iggy appicca il fuoco nella chiesa della sua cittadina in North Carolina, durante una funzione. La strage induce gli abitanti di Harmony - santi e peccatori, indistinguibili - a ripercorrere i motivi che potrebbero aver determinato una tale decisione. Al contrario, la narrativa di Iggy - in attesa di essere giustiziato, a seguito della condanna a morte - non contiene interrogativi, anzi quasi li sbeffeggia: domandargli “perché lo hai fatto?” sarebbe come prendersi un po’ d’acqua fra le mani e chiedersi se è fiume o pioggia.


Questo rientra tra i motivi per cui L’ultima cosa bella sulla faccia della terra provoca una costellazione di smottamenti interiori: l’incendio doloso in una chiesetta di provincia diventa il pretesto per suscitare riflessioni che toccano il significato stesso dell’esistenza umana. Questo significato - si potrebbe pensare durante la lettura - è crudelmente svincolato dalla quantità di interrogativi che ognuno di noi si pone ed è connesso, forse esclusivamente, ad una modalità di percezione della vita. Tale modalità, sembrerebbe suggerire l’autore, non può prescindere da una certa quantità di dolore; dolore che inevitabilmente coinvolge tutti, da Iggy - la cui percezione della vita è particolarmente tormentata - fino agli altri abitanti di Harmony, la cui esistenza privilegiata li aveva protetti dal vedere la vera natura delle cose.


Il messaggio globale non è comunque pessimista, purché si adotti una prospettiva - faticosa da conquistare, non c’è dubbio - che non si risolva nell’antitesi positivo/negativo. Citando Iggy: quello che all’epoca ritenevo un problema era semplicemente la vita. Non era né un bene né un male. Era e basta.


Anche la religione - con la sua promessa di una non meglio precisata felicità - si inserisce nel contesto descritto da Bible, operando come una sorta di “interferenza” nella purezza delle percezioni esistenziali dei singoli personaggi.


Al netto di tutto questo non si può non condividere il punto di vista dell’autore - estremamente di riguardo, poetico e toccante - nei confronti di chi è stato capace di individuare e aggrapparsi all' "ultima cosa bella sulla faccia della terra".


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